2.2 Moka y Lettera 22

2.2 La Moka e la Lettera 22


También disponible en: Audible | Apple Podcasts

La Moka, nacida en el 1933, ha conquistado a los italianos y está presente en casi todas las casas del país.

La Lettera 22, lanzada en el 1950, ha revolucionado el mundo de las máquinas de escribir, gracias a su diseño innovador y práctico.

Ambos objetos se han convertido en símbolos del made in Italy en el mundo.

Script – La Moka e la Lettera 22

Benvenuti ad una nuova puntata di Italia 360° il podcast di Europass.
Oggi, continuiamo il nostro viaggio tra gli oggetti che hanno fatto la storia del design made in Italy. Iniziamo parlando di un oggetto veramente iconico da quasi un secolo: la caffettiera Moka della Bialetti. Poi parleremo di un altro oggetto mitico del design italiano: la macchina da scrivere Lettera 22 della Olivetti.

Tutti quelli che hanno visitato l’Italia conosceranno la caffettiera Moka Bialetti, questo oggetto di alluminio dalla caratteristica linea, la forma ottagonale ed il manico nero in plastica, che è presente nella quasi totalità delle case italiane. È il modo più semplice e veloce di preparare un buon caffè in casa e per gli italiani è sinonimo non solo di buon caffè, ma di tutto quello che profuma di casa, famiglia, comfort zone.

Per capire quanto questo oggetto sia popolare in Italia e non solo, posso dirvi che da una recente statistica oltre il 90% degli italiani possiede una caffettiera moka Bialetti e che fino a oggi ne sono state prodotte quasi 110 milioni di pezzi! Direi un prodotto veramente di successo. Ma cos’è la caffettiera moka della Bialetti? Prima di tutto parliamo di chi l’ha inventata: Alfonso Bialetti. Alfonso Bialetti era un piccolo imprenditore nel campo della fusione dell’alluminio, che aveva aperto una piccola fonderia nel 1919 in Piemonte.

Nel 1933, ispirandosi ad uno strano oggetto che la moglie usava per preparare l’acqua calda saponata per fare il bucato, Alfonso Bialetti ha l’idea di realizzare nella sua fonderia una caffettiera in alluminio ad uso casalingo, che sostituisse la più usata caffettiera del tempo, che era la cosiddetta caffettiera napoletana. La diffusissima caffettiera napoletana, per ottenere un caffè casalingo, usava un sistema per filtraggio, facendo passare l’acqua calda da una sezione della caffettiera ad un’altra, attraverso un filtro pieno di polvere di caffè. Ancora oggi, c’è chi sostiene che il caffè preparato con questo tipo di caffettiera sia ottimo, ma l’invenzione di Alfonso Bialetti cambierà per sempre le abitudini degli italiani nella preparazione del caffè in casa.

La Caffettiera Moka è formata da due parti che si compongono una sopra l’altra, nella parte bassa si mette l’acqua, poi si mette un filtro, che con un tubicino va a “pescare” nell’acqua del contenitore basso, il filtro si riempie di polvere di caffè e poi sopra si avvita la parte superiore, dove si raccoglie il caffè pronto da bere. Tutto questo va messo sul fuoco, e quando l’acqua bolle, la pressione spinge l’acqua stessa lungo il tubicino, attraversa la polvere di caffè nel filtro, ed emerge e si raccoglie nella parte alta della caffettiera, pronto per essere versato nelle tazzine. Un’idea semplice e geniale nello stesso tempo, tanto che, dal 1933 ad oggi, gli italiani continuano ad usare questa caffettiera per fare il caffè in casa.

Il successo di questa caffettiera, o macchinetta del caffè, come si dice in molte parti di Italia, sta proprio in questo suo essere semplice e pratica, nel suo basso costo, nel buon caffè che riesce a fare e nella sua linea assolutamente caratteristica che non è mai cambiata in novanta anni di vita, una forma così iconica che è esposta anche al museo MoMa di New York.

Il nome della caffettiera Moka viene dalla città di Mokha, nello Yemen, che è una città famosa per la sua produzione di caffè. La particolarità della Moka Bialetti è quella che si può comprare in tante diverse misure, per le esigenze di ogni famiglia. Infatti, si possono trovare caffettiere Moka da una a diciotto tazze. E quando in Italia diciamo tazze, intendiamo non le tazze grandi, come quelle che si usano per il caffè americano, ma le tazzine da caffè, quelle piccole, che si usano per il caffè espresso. Infatti, in Italia, nessuno si sognerebbe mai di bere un caffè in una tazza grande. Ma la Moka non è solo un oggetto da vedere e da usare, ma anche da sentire.

Infatti, il rumore che fa il caffè quando esce dal beccuccio e scende nella caffettiera è assolutamente tipico, una specie di borbottio gorgogliante, un po’ sgraziato, ma che è uno dei rumori più comuni in tutte le case italiane. Infatti, la Moka Bialetti, in Italia, non è solo una caffettiera, ma, come vi dicevo prima, è sinonimo di tutto quello che fa veramente casa e famiglia, è la comfort zone di tutte le persone italiane. La moka è quell’oggetto che tutti abbiamo in casa, è una forma familiare, il rumore metallico che fa quando la si usa è comune a tutti, il suono del caffè che esce è una gioia per le orecchie e dopo il rumore il profumo di caffè appena fatto che si sparge per casa è il piacere della colazione che s’avvicina, o il godimento dell’ultimo momento di pace, dopo il pranzo, prima di alzarsi da tavola.

La Moka è il primo oggetto che metti nelle scatole prima di un trasloco e che ti porti dietro in una vacanza in campeggio. È quell’oggetto indispensabile per dare alla vita quotidiana un piccolo piacere: per questo per gli italiani la Moka è qualcosa che va oltre l’oggetto in se, è un atto esistenziale! Forse sto un po’ esagerando, ma non troppo.

Alla Moka, poi, sono legati una serie di riti considerati indispensabili per fare un buon caffè e che tutti gli italiani conoscono, per esempio non si deve mai lavare la caffettiera con il sapone per i piatti, ma solo con acqua, e soprattutto mai lavarla in lavastoviglie, si rischia che l’aroma del sapone rimanga attaccato al metallo e alteri il sapore del caffè. Quando si mette la polvere di caffè nel filtro mai pressarla troppo, questo non permetterebbe all’acqua di passare agevolmente tra la polvere di caffè per prendere gli aromi. Alcuni poi fanno nella polvere di caffè già pressata nel filtro tre buchetti con uno stuzzicadenti, si dice che il caffè viene più buono.

Poi, prima di versare il caffè pronto nella tazza, va mescolato, quando è ancora nella caffettiera, per miscelare meglio gli aromi, e poi versare il caffè pronto nella tazzina quando il caffè è ancora caldissimo. Per finire, mai lasciare raffreddare il caffè dentro la Moka e soprattutto mai riscaldare il caffè raffreddato dentro la caffettiera rimettendola sul fornello!

Dunque, se volete fare un vero caffè in casa, comprate una caffettiera Moka Bialetti e seguite tutte le mie istruzioni.

Dopo un buon caffè, vi voglio portare in un mondo completamente diverso, nel mondo del lavoro, ma un lavoro bello, bello nel senso di poter lavorare con begli oggetti. Oggi, in tutti gli uffici del mondo, si scrive con dei computer, spesso oggetti di poco valore estetico, ma fino a qualche decennio fa, si usavano le macchine da scrivere, e anch’esse erano degli oggetti molto utili, ma non sempre belli.

Ma nel 1950, la famosa società Olivetti mette sul mercato quella che è considerato uno dei masterpiece del design italiano: la macchina da scrivere Lettera 22. Forse, molti di voi non sanno cos’è, per questo vi invito ad andare a cercarla su internet, potrebbe essere una sorpresa. È stata una macchina da scrivere portatile rivoluzionaria: facilmente trasportabile, leggera, praticissima, veloce a dalla forma morbida ed essenziale, che non dava un senso di oggetto meccanico, ma di un oggetto confortevole da vedere, toccare, usare.

Queste qualità l’hanno fatta diventare subito un mito, soprattutto per chi aveva bisogno di una macchina da scrivere pratica da trasportare, come giornalisti o scrittori che viaggiavano molto e che volevano darsi anche un’aria figa, per il design moderno che questa macchina aveva.

Infatti, è stata la macchina da scrivere di famosissimi giornalisti italiani, come Indro Montanelli o Oriana fallaci, che sono stati reporter di importanti giornali italiani in giro per tutto il mondo, anche in zone di guerra. Questo fa capire quanto la Lettera 22 fosse una macchina leggera e pratica.

Ma non solo giornalisti, la Lettera 22 era anche la macchina da scrivere dello scrittore premio Nobel Ernest Hemingway, un americano che apprezzava quest’oggetto tutto italiano. E infatti, nel 1959, l’Illinois Institute of Technology considera la Lettera 22 il miglior prodotto di design del secolo, ed è inoltre esposta nella collezione permanente di design del Museum of Modern Art di New York. Questo per farvi capire come anche negli Stati Uniti la Lettera 22 fosse un oggetto di culto.

Il successo era in gran parte legato all’estetica, ma anche alla meccanica semplice ma efficace e questa semplicità la rendeva anche economica da realizzare e da vendere, fatto che la rese molto diffusa in tutto il mondo. La compagnia che realizza questa macchina da scrivere è la celebre Olivetti, che è stata un’industria assolutamente all’avanguardia in Italia.

Fondata nel 1908 a Ivrea, una piccola città del Piemonte, dall’ingegnere Camillo Olivetti, l’azienda diventa subito famosa per le sue macchine da scrivere moderne ed efficienti, ma soprattutto la Olivetti diventerà celebre per le sue macchine da calcolo automatiche, tra le prime di sempre, come la Divisumma 14, la prima calcolatrice scrivente al mondo in grado di eseguire le quattro operazioni, o, nel 1959, Elea 9003, uno dei primi mainframe computer transistorizzati della terra.

Con l’acquisizione nel 1963 dell’americana Underwood Typewriter Company, l’Olivetti diventa un colosso industriale internazionale.
Nel 1965, nasce Programma 101, che gli storici dell’elettronica considerano il primo personal computer vero e proprio al mondo. Ma quello che ha reso celebre questa industria è stata la visionarietà di Adriano Olivetti, figlio del fondatore. Adriano è stato un uomo di grande e singolare rilievo nella storia italiana del secondo dopoguerra, e si distingue per i suoi innovativi progetti industriali basati sul principio secondo cui il profitto aziendale deve essere reinvestito a beneficio della comunità.

Adriano Olivetti inventa un modo nuovo di fare imprenditoria industriale. Nonostante la Olivetti fosse una grande industria basata sul profitto e la produzione in serie, Adriano crea tutta una serie di strutture intorno alla fabbrica per il supporto degli operai: asili per i bambini, ospedali per gli operai, mense e strutture ricreative per i lavoratori che avevano orari di lavoro migliori e stipendi più alti della media italiana. L’operaio era visto come una risorsa da valorizzare e non un lavoratore da sfruttare. Anche la città di Ivrea si arricchisce di servizi per la collettività finanziati dalla Olivetti.

Infatti, l’industria Olivetti è stata considerata per molti decenni un modello di industrializzazione visionaria, ma soprattutto sostenibile, se non addirittura umanistica. Adriano Olivetti credeva soprattutto nel design, inteso come un’attività che crea oggetti belli, ma anche utili e facili da produrre, per essere economici, per far sì che tutti si potessero permettere di acquistarli. La Lettera 22 costava infatti 40.000 lire, che non era pochissimo, ma molto meno di qualunque altra macchina da scrivere.

Infatti, Adriano Olivetti voleva che la sua macchina non fosse solo per giornalisti e scrittori, ma anche, e soprattutto, per impiegati, maestri, personale di segreteria, lavoratori: oggetti di qualità per tutte le persone. La Lettera 22 è il risultato di questa visione del mondo: una macchina utile, economica, pratica e bella, un oggetto costruito per essere a servizio dell’uomo, che renda all’uomo il lavoro una cosa facile da fare e anche un qualcosa di piacevole da vedere, veramente una mentalità da nuovo umanesimo.

Approfondimento linguistico

Per la puntata dedicata alla moka Bialetti e alla Lettera 22 Olivetti, voglio portare la vostra attenzione su un termine molto usato che è “figo”. Questo termine è stato parte del gergo giovanile, è di un registro molto informale, anche se ora lo si può ascoltare in contesti diversi da quello dei ragazzi. È una parola di origine milanese, che nasce dalla parola “fico”, con la sonorizzazione della lettera c in figo, fenomeno linguistico tipico del lombardo.

Il significato dell’aggettivo figo è difficile da spiegare, figo/a/ hi/he è tutto ciò che è interessante, divertente, originale, fuori dell’ordinario, alla moda, bello, simpatico. Forse, la traduzione inglese più vicina è il termine cool. Dunque, se diciamo che la scuola Europass è una scuola figa, voglio intendere che è interessante, originale, simpatica, geniale. Sono sicuro che avete capito!

Vi ringrazio di avermi ascoltato, spero di avervi interessato. Vi aspetto alla prossima puntata di Italia 360° di Europass.

Volver arriba